Recentemente Mark Zuckerberg, patron di Facebook, ha svelato quale sia il suo nuovo e ambizioso progetto: basta scontati sviluppi di applicazioni social e di hardware, nel futuro dell’azienda c’è lo spazio 3D, una materializzazione del virtuale internet, cioè un ibrido digitale e fisico definito “metaverso”.

Il termine è stato preso in prestito da un romanzo di fantascienza scritto nel secondo decennio del secolo scorso e del quale era il titolo.

In quell’opera la parola descriveva un futuribile spazio virtuale e tridimensionale, nato dalla confluenza di una realtà fisica virtualmente migliorata, in uno spazio digitale sempre attivo, in cui le persone reali coesistono simultaneamente indossando speciali cuffie e occhiali e possono interagire attraverso degli avatar.

In realtà prima di Zuckelberg ci ha pensato Steven Spielberg con il suo “Ready Player One”, bellissimo e realistico film sul futuro distopico che forse ci attende ma non vorrei offendere uno degli uomini più facoltosi del mondo, togliendogli il piacere dello scoop mediatico.

Gli lascio però il ruolo di divulgatore, perché da quando ne ha parlato lui, si sono accesi i riflettori sul metaverso, che è divenuto uno dei principali argomenti dibattuti tra gli addetti ai lavori e non solo, riguardo l’evoluzione di Internet e delle infrastrutture tecnologiche ad esso legate e sul ruolo delle attuali aziende leader. Evidentemente non si può non pensare al futuro di questo ambito ormai ma per adesso questa trasformazione è largamente inespressa e più legata a possibili e futuribili evoluzioni, che non a concreti modi di funzionamento. Per ora ci muoviamo tra previsioni e prospettive e la mia posizione scettica vista tra un po’ di tempo, forse mi farà apparire medioevale e provinciale, forse invece sarà sbagliata, perché risulterò incapace di cogliere la preveggenza del CEO di Facebook, staremo a vedere.

Le perplessità sull’argomento sono di certo dovute alla difficoltà a comprendere modelli e concetti ancora privi di riferimenti pratici.

Per rendere più comprensibile il discorso, è possibile citare alcune delle concezioni più comuni del metaverso derivate dalla fantascienza, in cui è raffigurato come una manifestazione della realtà di certo reale, scusate il calembour ma basata su un mondo virtuale, come nei film Matrix e Ready Player One appunto. In genere questi riferimenti ne esplicitano alcuni aspetti ma ne tralasciano altri, limitando la discussione ad un piano concettuale.

Per contro agli inizi degli anni ’80 era difficile prevedere e comunicare a chi non era del mestiere cosa sarebbe stato Internet oggi, allo stesso modo non sappiamo oggi come descrivere il metaverso che molto probabilmente vedremo in tempi non così lunghi.

I teorici di questa nuova realtà lo hanno stigmatizzato come costante, cioè un’esperienza senza interruzioni né possibilità di annullamento; sarà reale per tutti, pur permettendo la programmazione di eventi, come accade nella vita reale. Inoltre non porrà limitazioni al numero di utenti interconnessi.

Il metaverso avrà un risvolto commerciale ed economico impattante, perché individui e gruppi potranno creare, possedere, investire, vendere ed essere pagati per le loro prestazioni.

Questa nuova frontiera del web sarà sia digitale che fisica, sia disponibile sulle reti pubbliche che su quelle private, sia sulle piattaforme free che a quelle a pagamento. Dati, oggetti, risorse, contenuti saranno creati e gestiti da una grande varietà di contributori: individui, gruppi organizzati o imprese commerciali.

Le caratteristiche controverse e difficili da immaginare del metaverso porteranno di certo ad uno stravolgimento delle attuali regole e dinamiche dell’esperienza umana digitale, che oggi funziona come un mercato in cui ogni bancarella utilizza la propria valuta, i propri documenti e ha le proprie unità di misura.

I frequentatori del metaverso utilizzeranno un’unica identità digitale con un unico sistema generale, esso non sarà soltanto un «mondo virtuale» come può esserlo una piattaforma come Fortnite o Second Life, il sito Internet pensato per ospitare una seconda vita digitale.

Non sarà un gioco, né un hardware, né un’esperienza online. Sarà un mondo digitale fatto di dispositivi, servizi, siti Web, eccetera; funzionerà con un insieme di protocolli, tecnologia, canali e linguaggi, contenuti ed esperienze di comunicazione al di sopra di quell’insieme.

Sarà la porta di accesso alla gran parte delle esperienze digitali, una componente di quelle fisiche e la prossima piattaforma di lavoro?

Forse e se così sarà, produrrà un valore economico di migliaia di miliardi.

Lentamente il Metaverso modificherà il modo in cui distribuiamo e monetizziamo le risorse, man mano che prodotti, servizi e capacità tecniche si integreranno.

L’unico problema per ora sono le infrastrutture perché il metaverso richiede qualcosa che non esiste ancora. Internet non è stato progettato per sostenere la partecipazione di miliardi di persone in sincrono ed è strutturato con singoli server che comunicano tra loro in base alle necessità.

Ci sono aziende al lavoro da tempo per risolvere questo problema ma si tratta di una sfida epocale.

Occorrerà rivedere inoltre le regole sulla censura, sul controllo delle comunicazioni, sulle normative etc.

Insomma il dibattito sarà intenso e vedremo che cosa la tecnologia saprà fare, io, per quanto informatico, continuo a pensare che dobbiamo continuare a vivere all’aperto e incontrare le persone e il mondo che ci circonda in una realtà “reale”, se mi permettete il gioco di parole, lasciando quella “virtuale” in ambiti specifici e tecnici, noi possiamo ancora farlo. La tecnologia dovrebbe essere utilizzata per migliorare queste esperienze umane che ci accompagnano da milioni di anni, non per sostituirle.

Recentemente Mark Zuckerberg, patron di Facebook, ha svelato quale sia il suo nuovo e ambizioso progetto: basta scontati sviluppi di applicazioni social e di hardware, nel futuro dell’azienda c’è lo spazio 3D, una materializzazione del virtuale internet, cioè un ibrido digitale e fisico definito “metaverso”.

Il termine è stato preso in prestito da un romanzo di fantascienza scritto nel secondo decennio del secolo scorso e del quale era il titolo.

In quell’opera la parola descriveva un futuribile spazio virtuale e tridimensionale, nato dalla confluenza di una realtà fisica virtualmente migliorata, in uno spazio digitale sempre attivo, in cui le persone reali coesistono simultaneamente indossando speciali cuffie e occhiali e possono interagire attraverso degli avatar.

In realtà prima di Zuckelberg ci ha pensato Steven Spielberg con il suo “Ready Player One”, bellissimo e realistico film sul futuro distopico che forse ci attende ma non vorrei offendere uno degli uomini più facoltosi del mondo, togliendogli il piacere dello scoop mediatico.

Gli lascio però il ruolo di divulgatore, perché da quando ne ha parlato lui, si sono accesi i riflettori sul metaverso, che è divenuto uno dei principali argomenti dibattuti tra gli addetti ai lavori e non solo, riguardo l’evoluzione di Internet e delle infrastrutture tecnologiche ad esso legate e sul ruolo delle attuali aziende leader. Evidentemente non si può non pensare al futuro di questo ambito ormai ma per adesso questa trasformazione è largamente inespressa e più legata a possibili e futuribili evoluzioni, che non a concreti modi di funzionamento. Per ora ci muoviamo tra previsioni e prospettive e la mia posizione scettica vista tra un po’ di tempo, forse mi farà apparire medioevale e provinciale, forse invece sarà sbagliata, perché risulterò incapace di cogliere la preveggenza del CEO di Facebook, staremo a vedere.

Le perplessità sull’argomento sono di certo dovute alla difficoltà a comprendere modelli e concetti ancora privi di riferimenti pratici.

Per rendere più comprensibile il discorso, è possibile citare alcune delle concezioni più comuni del metaverso derivate dalla fantascienza, in cui è raffigurato come una manifestazione della realtà di certo reale, scusate il calembour ma basata su un mondo virtuale, come nei film Matrix e Ready Player One appunto. In genere questi riferimenti ne esplicitano alcuni aspetti ma ne tralasciano altri, limitando la discussione ad un piano concettuale.

Per contro agli inizi degli anni ’80 era difficile prevedere e comunicare a chi non era del mestiere cosa sarebbe stato Internet oggi, allo stesso modo non sappiamo oggi come descrivere il metaverso che molto probabilmente vedremo in tempi non così lunghi.

I teorici di questa nuova realtà lo hanno stigmatizzato come costante, cioè un’esperienza senza interruzioni né possibilità di annullamento; sarà reale per tutti, pur permettendo la programmazione di eventi, come accade nella vita reale. Inoltre non porrà limitazioni al numero di utenti interconnessi.

Il metaverso avrà un risvolto commerciale ed economico impattante, perché individui e gruppi potranno creare, possedere, investire, vendere ed essere pagati per le loro prestazioni.

Questa nuova frontiera del web sarà sia digitale che fisica, sia disponibile sulle reti pubbliche che su quelle private, sia sulle piattaforme free che a quelle a pagamento. Dati, oggetti, risorse, contenuti saranno creati e gestiti da una grande varietà di contributori: individui, gruppi organizzati o imprese commerciali.

Le caratteristiche controverse e difficili da immaginare del metaverso porteranno di certo ad uno stravolgimento delle attuali regole e dinamiche dell’esperienza umana digitale, che oggi funziona come un mercato in cui ogni bancarella utilizza la propria valuta, i propri documenti e ha le proprie unità di misura.

I frequentatori del metaverso utilizzeranno un’unica identità digitale con un unico sistema generale, esso non sarà soltanto un «mondo virtuale» come può esserlo una piattaforma come Fortnite o Second Life, il sito Internet pensato per ospitare una seconda vita digitale.

Non sarà un gioco, né un hardware, né un’esperienza online. Sarà un mondo digitale fatto di dispositivi, servizi, siti Web, eccetera; funzionerà con un insieme di protocolli, tecnologia, canali e linguaggi, contenuti ed esperienze di comunicazione al di sopra di quell’insieme.

Sarà la porta di accesso alla gran parte delle esperienze digitali, una componente di quelle fisiche e la prossima piattaforma di lavoro?

Forse e se così sarà, produrrà un valore economico di migliaia di miliardi.

Lentamente il Metaverso modificherà il modo in cui distribuiamo e monetizziamo le risorse, man mano che prodotti, servizi e capacità tecniche si integreranno.

L’unico problema per ora sono le infrastrutture perché il metaverso richiede qualcosa che non esiste ancora. Internet non è stato progettato per sostenere la partecipazione di miliardi di persone in sincrono ed è strutturato con singoli server che comunicano tra loro in base alle necessità.

Ci sono aziende al lavoro da tempo per risolvere questo problema ma si tratta di una sfida epocale.

Occorrerà rivedere inoltre le regole sulla censura, sul controllo delle comunicazioni, sulle normative etc.

Insomma il dibattito sarà intenso e vedremo che cosa la tecnologia saprà fare, io, per quanto informatico, continuo a pensare che dobbiamo continuare a vivere all’aperto e incontrare le persone e il mondo che ci circonda in una realtà “reale”, se mi permettete il gioco di parole, lasciando quella “virtuale” in ambiti specifici e tecnici, noi possiamo ancora farlo. La tecnologia dovrebbe essere utilizzata per migliorare queste esperienze umane che ci accompagnano da milioni di anni, non per sostituirle.

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